Tra i critici che hanno rrecensito le opere dell'artista Miro segnaliamo: Giancarlo Bonomo - Livio Nonis - Giuseppe Pacor.
PRESENTAZIONE CRITICA ALL’ARTISTA MIRO A CURA DELL’ARCHIVIO MONOGRAFICO DELL’ARTE ITALIANA
La passione per il modernismo cattura l’attenzione dell’artista Miro che ha come obiettivo principale la ricerca di uno stile unico, estremamente personale e di grande potenza visiva. Le opere di Miro personificano l’inclinazione surreale e fantastica, l’artista dipinge scene che hanno come protagonisti architetture e raffigurazioni di divinità con cui esprime tutta la diversificata varietà delle emozioni umane. Un mondo visionario tra lo stile grafico della pittura surrealista e quella pop dove coesistono abbagli di un’arte quasi psichedelica. Miro intraprende un viaggio verso un’illustrazione grafica armoniosa ed elettrizzante che ricorda mappe antiche, città del passato dove si può distinguere un design industriale che rammenta la realtà consumistica. Il colore è armonizzato dal tocco artistico di Miro e le forme sinuose donano movimento a tutta la scena compositiva trasformandosi in una rigogliosa forza naturale.
Il linguaggio dell’artista Miro lascia ampio spazio all’improvvisazione, numerose sono le tendenze narrative che si manifestano mediante un astrattismo visivo puro di energia dove emergono le impressioni della quotidianità traducendosi in un vortice intenso di colori brillanti e contrastanti, una realtà quotidiana che metaforicamente si trasforma in un universo onirico. Una pittura che diventa comunicazione diretta, le composizioni rammentano le costruzioni architettoniche delle città, una costruzione equilibrata tra immagini e simboli, una realizzazione di un paesaggio geometrico ricco di linee forza e di colori che insieme narrano la storia dell'esistenza, del mondo, attraverso il significato simbolico della stuttura architettonica e paesaggistica.
Miro è artista riconosciuto per il suo stile originale, per le sue chiazze cromatiche ricche di una decorazione sempre nuova, alimentata da forme geometriche di diverso colore, uniforme, ma anche da tasselli irregolari che donano movimento a tutta la superficie pittorica. Le opere emblematiche descrivono paesaggi immersi in una dimensione simbolica, l’ampio spazio è definito da linee ondulate e segmenti, non esiste un centro definito e non sono presenti simmetrie, ogni tratto realizzato dall’artista diventa un segno tangibile di gioco, di vitale energia soggetta a diverse interpretazioni.
L’opera sembra costruita da diversi tasselli di mosaico, tessere figurative, che l’artista dipinge meticolosamente sulla superficie pittorica, esaltano tutta la composizione armonizzando le forme. La contemporaneità di Miro sta nel mezzo espressivo dove forme, colori e simboli descrivono la velocità del mondo attuale e gli elementi naturali ritrovano la connessione verso una semplicità più appagante.
L’opera di Miro è dominata da diverse ispirazioni, dai ricordi di vita ad una ricerca mistica, dal cubismo al surrealismo, ispirazioni caratterizzate da una dimensione fantastica dove nulla può considerarsi così surreale in quanto le sue tematiche sono attuali, descrivono ambientazioni e grandi tematiche come la vita, l’amore, la trasformazione tradotta nelle sue opere in maniera dinamica. La violenza espressiva del colore, steso in diverse tonalità, rammenta il movimento artistico d'avanguardia fauves, anche se l’artista ama utilizzare sia i colori primari sia quelli secondari, i colori sono accostati liberamente, seguono l’armonia di tutta la composizione generando forme astratte.
Luce e buio, bene e male sono le continue alternanze con cui Miro gioca sperimentando le diverse tecniche pittoriche e le tematiche.
Archivio Monografico dell'Arte Italiana - Ottobre 2022
ANTOLOGIA CRITICA
"I suoi quadri presentano un gioco vivace di segni e colori che agiscono sulla tela per raccontare momenti di vita vissuta, stati d'animo e in particolare la gioia di vivere."
Livio Nonis - 2023
"Le visioni immaginarie. Che le dimensioni immaginativa e visionaria siano la costante dell’indagine del pittore, è certo un’osservazione incontrovertibile. Nulla di ciò ch’egli raffigura pare avere un collegamento con il reale, fatti salvi alcuni indizi che – nel mosaico compositivo – agevolano lo sguardo nella comprensione degli intricati labirinti cromatici e lineari. Ci sono certamente degli appigli, delle tracce da seguire, ma il grosso del lavoro è puramente intuitivo. Non potremmo descrivere delle vedute aeree quanto, piuttosto, delle fantasmagoriche visioni dall’alto, simili a riprese satellitari, che rimandano ad un mondo irreale di incastri e arditi accostamenti di linee e cromie non riconducibili ad alcuna mappa veritiera. Nelle sue composizioni bidimensionali, dove il colore non è mai risparmiato, curiosamente siamo smarriti nella ricerca del consueto, del logico ma, nel contempo, rimaniamo ammaliati da qualcosa che riconosciamo come appartenente alla nostra sfera più intima e segreta. ... Ogni lavoro ha un suo equilibrio, una direzione di giusto compromesso. I colori interagiscono fra loro ma non stridono. Fossero equiparati a suoni di un’orchestra, non si udirebbero note stonate. Questo, anche in virtù del fatto che Miro è uno straordinario colorista per dote innata prima ancora che per studi preacquisiti. Ed è un privilegio, per noi che guardiamo, entrare in questa dimensione che aggiunge vitalismo all’esistenza, colore acceso alla banalità convenzionale. Quando il nostro artista scende dall’alto per contemplare le città da vicino, la maniera non cambia. Quell’energia vitale permane. Le chiese, gli edifici, le semplici case, assumono una connotazione diversa, inusuale. Non sono più mura anonime, facciate fatiscenti magari di un centro storico o di una triste suburra. Il pennello di Dijust diviene, allora, una bacchetta magica. Tutto si trasforma in vita, dinamicità, luce. Non vi sono coni d’ombra o inquietanti aree di buio, né discromie od incongruenze. L’insieme è parificato (e pacificato) in un unicum che si traduce in compattezza ed uniformità dietro quella semplicità che potremmo anche intendere come complessità risolta. E qui, davvero, il mondo è luminosa volontà di rappresentazione, per parafrasare un celebre assioma filosofico.
Le figure zoomorfe. Queste particolarissime creature dalle sembianze curiose ed improbabili sono le testimoni della vita biologica nelle scene outsider del pittore. La figura umana non è mai protagonista, tutt’altro. Essa si intuisce nelle varie declinazioni dei soggetti ma non è mai palesata in maniera esplicita. Dijust non pare interessato alla compiutezza anatomica dell’ente umano, né alla raffigurazione, seppur metaforica, delle sue azioni. L’uomo certo esiste ma non si vede e, comunque, non è elemento necessario all’insieme. L’attenzione è altrove, di lui già sappiamo quanto basta e va bene così. Più importante è l’insieme compositivo, l’emozione visiva aldilà del soggetto umano. Le figure zoomorfe sono così un piccolo mondo tutto da indagare, forse ancora più interessante, pregno di dignità estetica, che cattura la sua attenzione al punto da valorizzare, accentuandola, ogni pur minima caratteristica morfologica. Invertebrati, pesci, piccole creature dal corpo allungato, forse aliene, evocano l’idea di un imponderabile fantastico. Il sistema realizzativo è sempre il medesimo, e la tipica peculiarità dello stile anche qui si manifesta. Le figure, vitalissime, si animano nello spazio con una costruzione quasi cubista. Le tessere del mosaico si ricompongono, le campiture sono piene e sature. Ancora una volta sono i colori e le linee nette di demarcazione a comunicare. Non è importante la fedeltà della narrazione, il dettaglio realistico creato dalla natura madre che già conosciamo. L’importante è trasmettere un’energia forte, lasciare una traccia significativa che conferisca senso ad un paziente lavoro di studio. E soprattutto la comunicazione, attraverso misteriose frequenze non convenzionali, puntualmente arriva.
L’Art Brut nella contemporaneità. Molte sono le conclusioni che si potrebbero trarre in merito a quest’arte libera e, a suo modo, spettacolosa. Di certo, nessuno potrebbe negare la carica vibrazionale e, tutto sommato, il fascino dell’insolito e delle controverse interpretazioni ch’essa suscita, essendo una pittura svincolata dall’oggettività riconoscibile. Di certo, la cosiddetta ‘arte grezza’ si sposa con un linguaggio contemporaneo che predilige la già citata comunicazione quale obiettivo principale, prima ancora della forma o dei preziosismi della maniera cosiddetta compiuta. Essa non vuol proporsi quale esercizio di stile o paradigma estetico per accademie, tutt’altro. Il fine ultimo è trasmettere ciò che non si palesa allo sguardo comune con una forza di coinvolgimento che rifugge l’indifferenza e la monotonia del prevedibile. Confinata sino a qualche tempo fa ai margini del panorama contemporaneo, quest’arte immediata ben presto è entrata a pieno titolo nelle grandi istituzioni museali di tutto il mondo quale linguaggio e specchio eloquente di un’epoca che non pone limiti all’ingegno creativo, sovrapponendosi ai fenomeni artistici già ampiamente consolidati. Vladimiro Dijust ha intercettato i segnali che rappresentano il nostro tempo e, senza timore alcuno, ha fatto la cosa a lui più naturale e congeniale: ha semplicemente impiegato il suo tempo a ‘fare’ senza premeditazioni o preoccupazioni di sorta. Il consenso, semmai, verrà dopo. Ma, per il suo carattere sensibile e riservato, non è poi condizione essenziale. E, come diceva il Vate, l’importante è navigare."
Giancarlo Bonomo
“La libera gestualità La sistematica ricerca ed encomio del segno-colore, nell’opera artistica di Vladimiro Dijust in arte Miro, connota, sin dagli esordi, la sua poetica artistica. Le strutture abitabili e percorribili negli ambiti della fantasia, nutrite da gioia di vivere, sono contraddistinte sia dal colore che dalle forme che si formulano in griglie e conferiscono all’impianto una figurazione essenziale, semplice da intuire, ma complessa nella compagine, in quanto per trovare le giuste armonie e sezionature degli spazi necessita di un’accurata attenzione per giungere sia cromaticamente che architettonicamente ad una pittura astratto-gestuale di distinto livello. … Le griglie compositive sono sia inquadrate in disegni geometrici che lasciate aperte ad una libera gestualità spaziale che prende forma come flusso spiraliforme e che trae la propria forza centrifuga nel colore. Dijust approfondisce e sviluppa, con una coerenza sempre più intensa i temi che gli sono congeniali come: animali, vedute e informale e ne allarga l’interesse che va dalla ricerca stilistica dell’insieme alla risoluzione dei problemi legati al trovare essenziali armonie cromatiche. Miro si spinge oltre e, percorrendo il suo mondo onirico e fantastico, evidenzia i colori e i volumi come unico blocco di comunicazione. La luce si scompone scorrendo sulle superfici e rivela l’esistenza di colori vividi e vibranti di un’emozione bambina recuperata nel ricordo. L’artista è giunto a sviluppare efficacemente una figurazione dell’immaginario e del fantastico, le immagini così create e riesumate da un intimo sentire, ma ancor meglio, frutto di un’arte spontanea, libera, comporranno un discorso indirizzato verso un moderno primitivismo. Le campiture colorate, e perlopiù componenti gli spazi meno intasati da forme, soprattutto nel ciclo dedicato alle vedute, talvolta, vengono ottenute per sottrazione del colore, consegnando così all’insieme particolari note di trasparenza. Lo studio dedicato agli equilibri dato dalle griglie che chiudono con contorni decisi le forme nascenti, pongono le basi della grammatica segnica e indirizzano la composizione cromatica dell’autore, ne segue successivamente la necessità di soddisfare il gesto, perché la sua è arte gestuale, ma ben indirizzata verso una risoluzione logica della necessità espressiva. … L’artista, indipendentemente dal soggetto prescelto per la creazione di un quadro, esso sia figurativo o informale, mantiene sempre la stessa morfologia di segno, che si fa forza dell’associazione tra i colori che per scelta, non sono quasi mai primari. Questo processo di ricerca condotto sul colore denota anche una profonda necessità di alleggerire l’insieme e farsi forza dei fraseggi di connessione tra le figure e il tutto, raggiungendo così una bidimensionalità piena di effetti cromatici e ritmici. Il risultato è la nascita di un alfabeto espressivo che non sussume la creatività alle proprie regole, ma ne alimenta e incentiva le opportunità interpretative.”
Raffaella Ferrari direttore artistico Auxilia Foundation
“... Nel quadro c’è questo: un grande e continuo sforzo per trovare un qualcosa, un insieme, che abbia un senso pittorico soddisfacente. E’ chiaro che tutto quello che abbiamo visto e imparato nel lavoro dei nostri predecessori è stato per tutti basilare, ma poi bisogna continuare a cercare da soli la propria arte, fare sì che il quadro che dipingo diventi il mio quadro, un risultato positivo sarà il grande premio: ecco, ho il quadro che cercavo, eccolo qua, bello, vivace, pieno di spontaneo colore, mi entusiasma il suo insieme, l’ho cercato, l’ho voluto, ho lavorato molto, ho speso, ho sofferto, l’ho sognato, ho dormito poco nel pensarlo, gli ho dedicato amore, ho messo tutto in questo quadro, e ora sono spoglio, nudo davanti a voi. ... Il mio intento era che questo parlare con voi servisse alla fine ad inserire Miro, se ce ne fosse ancora bisogno, nel firmamento delle persone che si meritano il rispetto, il rispetto per tutti quegli individui che non cessano nel prodigarsi per poi un giorno poter dire: questo piccolo tassello l’ho messo io. Questo vale per tutti gli uomini di buona volontà.”
Giovanni Pacor