PRESENTAZIONE CRITICA ALL’ARTISTA ALIDA PUPPO A CURA DI VITTORIO SGARBI
L’ANIMA DELL’INUTILE - “Nel tentativo di eseguire un’analisi critica dei lavori di Alida Puppo non si può di certo prescindere dalla sua sublime dimensione creativa, priva di inibizioni di sorta nell’assorbire voracemente elementi interni ed apparentemente esterni all’arte stessa. Successivamente alla prima metà degli anni novanta, contraddistinta da un periodo paesaggistico, con l’utilizzo della tecnica ad olio su supporti classici quali tele e cartoni intelati, debitore degli stilemi impressionistici e post-impressionistici con riferimenti precipuamente vangoghiani (fase nella quale già si denota un gusto innato negli abbinamenti cromatici), la Puppo inizia a sviluppare; conseguentemente alla visione “ispiratrice” di una discarica, la sua originale ricerca di materiali da riciclare (bottiglie, piatti, specchi, lampadine, finestre, ecc.); “rifiuti” della societa dei consumi ai quali “dare un’anima” mediante l’utilizzo di vari pigmenti, dai colori acrilici e per vetro allo spray.
Tale condizione artistica, la porta ad una crescita pittorica in simbiosi con le forme per poi sopravanzarle mediante una sperimentazione continua; dalla fase intensamente puntinata (1996/1997) alle linee oniriche (1997) passando per le “crepe” (con l’immagine alquanto suggestiva della bottiglia suddivisa in tasselli irregolari), l’artista si spinge in un contesto colmo di pathos, generando prima (1998) alcune creazioni con immagini zoomorfe (specie animali solitamente selvatiche) fra soggetti rousseauniani e ligabuiani e tecniche divisioniste (Seurat e Signac in primis), per poi arrivare (1998/1999) alle splendide vetrate sia sacre (esprimendo apertamente, grazie anche ad un viaggio culturale in Toscana, il suo amore per la Scuola Senese, Duccio in particolare) che affini allo stile liberty (create con la tecnica della finta vetrata, attraverso l’impiego del piombo e dello stagno uniti all’applicazione di colori per vetro, sempre su materiali rigorosamente riciclati).
La purezza delle emozioni, la liricità unica che contraddistingue l’acme del suo iter espressivo si estrinseca, dalla fine del 1998 al 2000, nel periodo delle maschere etniche africane ed orientali che risultano dense di genialità e forza creativa; opere tendenti sì alla ricerca ma con evidenti correlazioni alla volontà di evadere da un ambito sociale generale, a volte frustrante, con l’arma dei colori sempre accesi e vibranti, che si ritrovano nella fase quasi concomitante (seconda metà del 1999) dei pugnali medioevali.
I soggetti sono sistematicamente personalizzati con stilemi, attenti alle esperienze modiglianesche e picassiane, estremamente moderni con un gusto impeccabile legato sovente a basi geometriche vicine, per la meticolosità quasi maniacale, a Mondrian e Van Doesburg.
Comunque sia, le composizioni della Puppo restano uniche per un insieme di connotazioni (dall’autenticità dei sentimenti alla purezza passionale dell’ispirazione) e solo una loro visione diretta potrà far comprendere sino in fondo la palpitante emozione di cui sono intrisi quei “rifiuti” elevati al rango di opere d’arte.
Vittorio Sgarbi
PRESENTAZIONE CRITICA ALL’ARTISTA ALIDA PUPPO A CURA DELL’ARCHIVIO MONOGRAFICO DELL’ARTE ITALIANA
Il processo creativo di Alida Puppo è caratterizzato da indagini interiori e psicologiche che le permettono di vivere il presente con armonia e serenità se pur nelle sue opere pittoriche e scultoree troviamo riferimenti alle problematiche sociali ma anche alle mitologie, alle tradizioni, alle etnie e ai culti di diversi paesi. Lo spiccato interesse da parte di Alida Puppo per l’arte primitiva, (etnica, egizia, africana, asiatica, bizantina, romanica, etc) diventa una forma artistica per interpretare un linguaggio primitivo caratteristico che si evince anche nella sua realizzazione di opere dipinte. Sulla tela troviamo marcate stilizzazioni che si concentrano sulla stesura di un colore contrastante, materico, la deformazione dei dati naturali diventano forma attratta di un linguaggio figurativo espressionista dai caratteri cubisti. L’assoluta libertà artistica di Alida Puppo racconta il proprio mondo interiore e il mondo di diverse popolazioni, nella sua arte troviamo anche immagini di maschere, feticci che magistralmente l’artista carica di significati innovativi. L’opera pittorica è equilibrata nel disegno, nell’armonica composizione e nella scelta cromatica proporzionata e di grande suggestione.
Partendo da manichini, da un busto, da una bottiglia o da altri oggetti l’artista elabora un particolare assemblaggio di materiali che applica sulla superficie dell’oggetto. I materiali di riciclo decorano figure femminili ma anche busti e teste dai richiami primitivi, etnici, una rappresentazione violenta nell’assemblare diversi materiali che permettono all’osservatore di ricercare un proprio pensiero. Il colore scelto è vivace ma nello stesso tempo cupo, si avverte la luminosità prodotta dai mosaici, dagli specchi e dalle pietre che diventano simbolo di liberazione da una società strutturata ed oppressiva. L’artista elabora figure che si muovono nello spazio grazie ai colori vibranti, la scelta di applicare gli specchi diventa espressione di studio dell’inconscio, i materiali sono una forma di decorazione raffinata ed elegante, trasformano la scultura in un’icona di libertà, in una guerriera che persegue i suoi ideali. Gli oggetti che applica sui supporti scelti sono evocativi e donano all’opera un sapore suggestivo e talvolta inquieto. I materiali rappresentano gli elementi di una società moderna e permettono all’artista di riflettere sul cambiamento dell’umanità, sul consumismo e sull’ambiente.
Le opere, scultoree e pittoriche, diventano una sorta di ritualità creativa che arricchisce la sua creatività e le permette di rivolgere il proprio sguardo verso un mondo artistico diverso.
Terracotta, cemento, raffia decorati con tinte vivaci rafforzano la struttura compositiva, Alida Puppo possiede una manualità caratteristica nell’accostare diversi materiali, una grafica interessante che le permette di donare all’opera segni distinti nelle fisionomie, gli sguardi delle figure si presentano immobili, come se l’artista avesse voluto bloccare un preciso sentimento sul volto. Ispirata dal mondo del passato Alida Puppo applica una ricerca di fusione con il mondo moderno, conduce uno studio artistico di notevole maestria tecnica che incontra la propria immaginazione con le ombre e gli spettri intrisi nella profondità dell’individuo.
Alida Puppo partendo da culture diverse trasferisce alle sue opere un significato culturale, giunge alla scoperta di un’eleganza seducente che ha il compito di trasportare gli eventi del passato in un mondo immaginario ricco di bellezza interiore. Il progetto artistico di Alida Puppo diventa una rappresentazione particolare della vita, della gioia e del dolore, le opere possiedono una grande ricchezza espressiva, sussurrano messaggi spirituali, ogni sua opera diventa immagine simbolica e significativa del mondo abitato dalle diverse culture e tradizioni. Le opere esprimono gioia e dolore, ogni materiale diventa un frammento di ricordo di una storia che esprime felicità e tristezza.
Archivio Monografico dell’Arte Italiana - aprile 2023
ANTOLOGIA CRITICA
ALIDA PUPPO COMMENTATA DA VITTORIO SGARBI - Prima ho scritto sul figlio, Enrico Marras. Ora è il turno della madre, Alida Puppo. Che collabora con Enrico, ma dal quale si distingue, come avevo avuto già modo di accennare nel testo a lui dedicato, per una personalità artistica certamente diversa, lì prevalendo il linguaggio informale, qui quello primitivista. Un punto in comune, e non secondario, figlio e madre lo avrebbero. Entrambi si pongono nel segno di una continuità storica con la friulanità, il rapporto sentimentale e culturale che stabiliscono con la loro terra, che però va ritenuta più ideale che filologica. … Puppo si lega alle espressioni di carattere etnografico che possono rimandare anche a quelle popolari del Friuli, ma che più propriamente sì rifanno a un archetipo, a un ipotetico imprinting di base da cui sono scaturite tutte le derivazioni di civiltà constatabili. … l’approccio che porta la Puppo a confrontarsi con l’arte etnica, e non per recepirla semplicemente, ma per riappropriarsene, è di matrice prettamente intuitiva, cosa che la porta a immaginarsela come possibile sviluppo di qualcosa di già esistente nel comune sentire, in una forma che per questo potrebbe essere definita di Neo o iperetnicismo.
ll concetto di sviluppo, inteso come proiezione nell’attualità, giustifica anche l’Impiego di materiali residuali qual vetri e specchi rotti, pezzi dì mobili rotti, busti da sartoria, cartoni da imballaggio, fiaschi e bottiglie usati, che nella Puppo rispondono a una doppia motivazione. Da una parte, adottare la logica del reimpiego estetizzato dello scarto ancora così in voga nelle popolazioni che si collocano ai margini della civilizzazione moderna, identificandola con una delle funzioni primarie dell’arte, la conversione del brutto in bello. Il cambio dì destinazione che porta qualcosa diventato inutile a ritornare necessario. Dall’altra, la conformazione cielo creazione artistica a un principio diventato irrinunciabile nell’etica ecologista dei nostri tempi, il riciclaggio del rifiuto d’origine industriale. Per sentirsi pienamente contemporanei, sembra dirci la Puppo, non c’è nulla di meglio che recuperare la pezza del primitivo ancora dentro di noi.
Vittorio Sgarbi
"Sembrerebbero le tecniche miste di Puppo su supporti i più svariati progetti per opere ceramiche, quasi dei d’après alle ceramiche picassiane.
Sintonizzato su questa linea, I’artista alla variabilità cromatica giocata generalmente su colori dalia severa tonalità, unisce il gioco percettivo che si sostanzia nella libertà con cui gli elementi figurali vengono disseminati nello spazio. Non di rado alla esigenza pittorica che comunque rimane primaria si giustappone una esclamata plasticità come da migliore tradizione di un organicismo onirico del quale non mancano esempi notissimi nell’arte italiana del secolo scorso. Probabilmente nelle sue “Figure etniche” è dato riscontrare allusioni all’arte esotica,
mondo un tempo sfuggente, ma ormai in trepida partecipazione interattiva con la nostra cultura occidentale dopo gli esempi probanti di Gauguin e dello stesso citato Picasso. Il farsi assorbire dalla spiritualità ieratica ed assorta di quei lontani popoli e di quelle singolarissime civiltà è un sano cupio dissolvi che non può che rendere benefici all’arte del vecchio continente.
E questo Puppo lo ha compreso, così come fece in un periodo della sua ricerca lo scultore Pietro Cascella, noto per i suoi monumenti in pietra della Maiella, che ha lasciato in proposito straordinarie ceramiche conservate ora al Museo pescarese “Basilio Cascelia”.
Leo Strozzieri e Paolo Levi- Da “SENSAZIONI VISIVE” p. 46 Editoriale Giorgio Mondadori
"In un'epoca, come la nostra, scarsamente caratterizzata e compiaciuta di tante evasioni nel mondo dell’ipotetico o quantomeno dell’inedito fine a sé stesso, non meraviglierà constatare la propensione di Alida Puppo a decorare piatti e bottiglie di vetro, recuperati fra i “rifiuti” della società dei consumi ed a qualificarli con la lucida intensità degli smalti e la preziosità delle dorature. Il suo, quindi, non è solo intendimento ecologico, ma chiara determinazione dimostrativa che il senso della vita sta anche nel conferire impronta culturale a qualcosa che alla pratica quotidiana non serve più e che perciò, incurante di ogni suo possibile riutilizzo, la società rigetta, quasi che il passato non rappresenti un preambolo giustificante il presente, a cui debbono essere consegnati i sogni ed i miraggi di una vita intellettualmente più vivace. Il mondo figurativo di Alida Puppo si distingue per l’esuberanza dei riverberi dorati e degli smalti colorati, nei quali immerge, quale significativa costante, un enigmatico volto umano. L’artista lo stilizza in forme prevalentemente geometriche, non immuni da suggestioni arcaiche, ma trasposto in una dimensione orientaleggiante per l’insistita trama decorativa con cui lo contorna e per i sempre guizzanti riflessi con cui lo smaterializza e lo rende fortemente allusivo. Esso funge solamente da spunto impaginativo: la vivacità del riflesso dorato lo disancora da ogni valenza fisiognomica per consegnarlo alla preziosità di un gusto che s’inebria dell’atemporalità di lucentezze e di bagliori, che parlano dell’approdo formale di una personalità segnata da un impegno immaginativo di estenuata raffinatezza."
Luciano Perissinotto - 2000
I SENTIERI INTERIORI DI ALIDA PUPPO “Fili dorati o color avorio, in rilievo, che corrono attorno ed attraverso superfici, rendendo evidenti campiture di colore o composte di materia colorata. Fili dorati che costruiscono, spezzettati, molteplici piani e superfici, disposti armoniosamente, evidenziandone le periferie, aggraziandole ed impreziosendole, talvolta sovrapponendosi, per mettere in rilievo elementi ricchi di vibrazioni artistiche. Sulle bottiglie e sui piatti che Alida Puppo rigenera, togliendo loro lo stato di inservibilità e di abbandono, pone segni netti, di contenuti espressivi, facendo immaginare un ritmo creativo veloce, incisivo, definitivo, voluto con determinazione: sui piatti e sulle bottiglie corrono sentieri creativi vivaci, segnati da percezioni profonde, da passione. Per questo, sulle superfici definite sono depositate immagini e forme che hanno il respiro della vastità: quelle cne si vedono, sono forme che spingono a percorre gli infiniti sentieri di quella immaginazione gioiosa che produce emozioni. I sentieri interiori di Alida Puppo si possono leggere qui: sono elementi aperti e dilaganti nei quali lei trova i ritmi gestuali appropriati, ricchi di apporti, ed intravede progetti compositivi infiniti, sempre armoniosi. Per questa ragione, forse, le sue composizioni sanno stimolare i giusti ritmi emotivi della gioia. Queste composizioni si potrebbero definire musicali, se musica può essere anche l’armonia compositiva segnica, quella che suscita emozioni tenere o forti, davanti ad oggetti resi vivi da una creatività che è anche fresca, e teneramente femminile. Quello che particolarmente colpisce, osservando le opere di Alida, è quella tanta voglia insopprimibile di comunicare, di dire. Ci riesce egregiamente, se, come è successo a me, le sue bottiglie, pur non avendomi fatto gustare il loro contenuto, perché vuote, mi hanno inebriato.”
Giovanni B. Cum - 2000
"L’attività artistica di Alida Puppo ha una connotazione etica. Va chiarito questo concetto. In una società dell’opulenza ove l’indiscusso primato spetta al consumismo ovvio che la prassi di ritenere superfluo tanti oggetti d’uso quotidiano e pertanto di disfarsene è giunto a livelli insostenibili. La nostra artista al contrario propone un’operazione contraria: quella di recuperare questi oggetti dismessi per dare loro con opportuni interventi cromatici una valenza estetica. Di qui l’uso di materiali i più disparati per eseguire sculture e dipinti dal forte sapore arcaico ed esotico. Puppo interviene con smalti, colori brillanti che deliziano i sensi. In tal modo la sua operazione redentrice che evoca certi esiti della Pop Art del dopoguerra in Italia può tollerare persino una lettura ideologica progressista. Una bottiglia, sottratta al pericolo del nulla e riconvertita in opera d’arte, diviene metafora d’un ceto sociale, gli ultimi, che si affranca dall’oppressione e dall’oblio."
Leo Strozzieri - da “SUGGESTIONI D’AUTORE” p.50 Editoriale Giorgio Mondadori
SULLE ORME DI ALTRE FORME “Dalla saggezza antica ho imparato che non c’è niente di nuovo sotto il sole e dalla mia esperienza quotidiana che non c’è niente di nuovo sotto l’ombelico. Insomma, a questo mondo si continua a riciclare di tutto: storie amori cappotti minestre riscaldate. . ... E Alida ha la sensibilità e la mano per farlo. ..."
Mirco Stefanon - 2000